martedì 31 marzo 2009

Il capotreno 2/2


Foto (Sigmah/flickr)


... segue da martedì 24 marzo 2009

La vedo passare nel corridoio. E’ solo un ombra ma so che è lei. E’ andata in direzione della testa. Mi alzo di scatto e le corro dietro. Nel buio noto che porta una felpa con un cappuccio che le va a coprire la testa.
La seguo. Passa da un vagone all’altro senza perdere terreno. Io trovo le porte già aperte dal suo passaggio e per questo la credo più vicina. Quasi raggiunta. No. E’ sempre alla stessa distanza. Sta per arrivare al primo vagone, di prima classe. Anche qui le luci sono spente. Ho fatto un buon lavoro: tutto il treno è al buio.
Rallento fino a camminare. So che non mi può scappare. Sono all’altezza del primo scompartimento dell’ultimo vagone. La vedo proseguire fino a svoltare alla fine del corridoio. Non si butterà da un treno in corsa. Posso proseguire con calma e riflettere.
Ma niente mi sembra sufficiente a spiegare. I pensieri si accavallano e saltano senza incontrarsi, ognuno per la propria strada indipendenti. Ripenso a tutto il tragitto, a tutte le fermate nelle varie città. Quando può essere salita? Quando il treno apriva le porte io ero lì, a pregare i passeggeri per farli salire sul mio treno. A Firenze? Impossibile. Ho girato più e più volte il treno passando per ogni scompartimento e ogni bagno. Aprendo le porte dove queste erano chiuse. Richiudendole dove erano aperte… così… per sfizio.
Inizio a rendermi conto della possibilità che io sia impazzito ed ora sì che forse ho paura. Mancanza di logica nei pensieri e visioni sono due indizi abbastanza palesi. Mi chiedo così se una volta di fronte a lei avrò superato il punto del non ritorno, se i paradossi si trasformeranno in realtà e tutta la mia vita in un ricordo di altrui proprietà. “Prima di perdere il senno pensa che faceva il capotreno”. “Io l’ho conosciuto, un simpatico ragazzo, anche se già si vedeva che aveva qualcosa di strano”. “Mi dispiace per lui, io l’ho amato sul serio, ma era troppo orgoglioso per fermarsi a capire”. Orgoglioso io? No, si sbaglia.
Mancano pochi passi e perderò la mia vita, il controllo del mio futuro. Mi troveranno a fine corsa rannicchiato in un angolo con i capelli strappati e gli occhi fissi verso un punto, dove penserò essere le labbra di lei.

Se la mente comunica paura a tutti i nervi, paralizzati ed insensibili alle altre sensazioni, il corpo continua a muoversi verso la fine del vagone, gira l’angolo e mette i miei occhi di fronte a quella figura, di spalle, che guarda all’infuori le luci che scorrono. Bloccato, la vedo di fronte a me. Non mi muovo e non parlo. Aspetto che si giri. Sento gli occhi lacrimare per la paura. I nervi si risvegliano al bagnato delle lacrime che scorrono sulle guance, e le sentono cadere sui piedi nudi.
Girati forza. Mostrami il tuo viso. Guardami negli occhi e dimmi che sei reale. Ma non è così. Non si è ancora voltata del tutto e già comprendo di essere alla fine del viaggio. Finiscono tutti i viaggi della mia vita nel vuoto al di sotto di quel cappuccio. Gli occhi sono testimoni della mia follia, anche se la mente continua ad insistere sperando di trovare i lineamenti di lei. La morte… forse la morte sarebbe meglio della follia che mi aspetta.
La morte infatti me la immagino con una faccia, triste, di donna. Complice del destino ma riluttante all’idea di aiutarlo. Rassegnata per il proprio compito mi guarderebbe con occhi secchi per il troppo pianto, ma tristi e quasi bassi. Mi prenderebbe la mano e mi porterebbe via, allontanando l’anima dal corpo pesante e nudo.
La pazzia, invece, la sto osservando ora. E’ senza volto ne consistenza. Non guarda ma viene guardata. Vedi attraverso il suo viso il fondo della tua vita: vuoto come gli scompartimenti di questo treno. Solo come il suo capotreno che, guarda caso, sono sempre io.
Lei, chiunque sia, si muove. Temo per un attimo che mi voglia strappare il cuore e quasi lo spero: un ultimo atto di pietà prima di farmi impazzire del tutto. Non batterà più, così non soffrirò quando verrò isolato nell’angolo della società, proprio di fronte ai senza tetto, alle prostitute malmenate, ai vecchi pronti al grande salto.
Invece no. Non mi sfiora neanche con le dita che vedo affusolate e giovani. Poggia con delicatezza la mano sulla leva del freno d’emergenza e con energia la tira di botto. Tutto nel treno si butta in avanti. L’aria, i rumori, le urla e l’intero mio corpo che lascia sbattere la testa contro il vetro della porta al di là della quale vi è la locomotiva. Cado a terra subito dopo lottando con i sensi affinché non li perda. Sento le macchine ferme, silenziose. Tutto è fermo e silenzioso per parecchi minuti: due, tre, cinque, finché il silenzio non viene interrotto da un treno che ci passa a tutta velocità a fianco, spostando l'aria e l’intero vagone dove sono steso.
Esausto perdo i sensi.

Il capotreno dell’intercity 9450 ha salvato i suoi passeggeri e il macchinista da una catastrofe ormai certa. Vi sono infatti dei lavori, in un determinato tratto del percorso dell’intercity, che obbligano i treni ad alternarsi su un unico binario. Il 9450 proseguiva a tutta velocità, invisibile agli occhi elettronici che, coincidenza o presa in giro del destino, avevano smesso di funzionare. La tragedia era annunciata, se non fosse stato per il freno di emergenza azionato dal capotreno di quel treno fantasma.
I passeggeri hanno raccontato di come il futuro eroe secondo loro sospettasse qualcosa già un’oretta prima dello scampato pericolo. Girava in continuazione per tutto il treno senza chiedere i biglietti, ma cercando un qualcosa trai posti a sedere. In seguito la luce è improvvisamente mancata in tutto il treno, e il nostro strano eroe, il capotreno, è stato sentito imprecare, forse i suoi sospetti trovavano conferma in quell’improvviso black-out. Lo hanno visto sdraiarsi a sentire il rumore dei binari, dicono, e poi sedersi in uno scompartimento a pensare, a piedi nudi. Poi si è alzato per correre verso la testa del treno. Pochi minuti dopo una forte frenata ha salvato tutti.
Come di dovere si è aperta un’inchiesta e gli inquirenti non vedono l’ora di interrogare il capotreno per capire come abbia fatto a prevedere ed evitare la tragedia. C’è già chi parla di preveggenza e chi di sesto e settimo senso, ma le risposte le potremo avere solo dal capotreno stesso, una volta che si sarà ripreso dal lieve shock in cui è stato trovato.

I medici dicono che si riprenderà presto, ma costoro non sanno che mi sono già ripreso e che mi sto allontanando dall’ospedale attraversando porte e corridoi.
Voglio sparire e lasciare tutte le domande di questa storia senza risposta alcuna, per tingere con un po’ di mistero tutto questo paradosso. Andrò verso est, verso l’India. Lì i treni sono differenti da qui: sono talmente affollati che alcuni passeggeri devono sedersi sul tetto durante il tragitto. Ricomincio a viaggiare.




















Foto (_Jer_/flickr)



Fine